Con il lockdown scuole italiane chiuse per 18 settimane, 14 negli altri Paesi
di Eugenio Bruno
Non passa giorno ormai senza che i media italiani parlino di riapertura della scuola. Tra linee guida ministeriali, indicazioni sanitarie, scaramucce politiche e prese di posizione federaliste che ogni giorno riempiono la cronanca, anche chi quotidianamente segue le vicende dell’istruzione di casa nostra rischia di perdere la bussola. E di smarrire la “giusta distanza“ con cui filtrare la realtà, come suggerito dal compianto Carlo Mazzacurati nell’omonimo film di qualche anno fa.
Un aiuto a recuperarla lo fornisce il rapporto Education at a glance 2020 dell’Ocse che dedica un approfondimento all’impatto della pandemia sul mondo dell’Education. Con almeno due informazioni degne di nota. La prima è che da noi, complice il lockdown, le scuole sono rimaste chiuse per 18 settimane contro le 14 della maggior parte dei Paesi Ocse (ci batte solo la Cina). La seconda è che, quanto al numero degli alunni per classe, stiamo messi meglio di altri. A dispetto del solito refrain sulle “classi pollaio”.
Italia seconda per settimane di chiusura
Nel sottolineare come la pandemia globale di Covid-19 abbia trasmesso onde d’urto in tutto il mondo, l’organizzazione parigina ricorda che molti Paesi in giro per il mondo hanno reagito chiudendo le scuole e le università. A fine giugno l’Italia aveva accumulato 18 settimane di chiusura effettiva delle scuole, rispetto a 14 settimane in media nei Paesi dell’Ocse. Solo la Cina ci ha battuto. Unica consolazione il fatto che, con la chiusura estiva programmata per l’8 giugno, di quelle 18 settimane ne includono anche tre in cui comunque sarebbero arrivate le vacanze.
Un altro elemento di attualità fornito da Education at a glance 2020 riguarda una panoramica sull’affollamento di partenza delle classi. Che, come sappiamo (e come ci ricorda anche l’Ocse) condizionerà non poco la capacità di mantenere una distanza di sicurezza di 1-2 metri tra gli alunni e tra loro e il personale scolastico. Dal rapporto arriva un argomento che consente di smontare, o quanto meno di ridimensionare, la retorica delle “classi pollaio” che sentiamo ripetere quotidianamente.
Classi meno affollate del previsto
Numeri alla mano, in Italia, la dimensione media di una classe è di 19 allievi nella scuola primaria pubblica contro i 21 degli altri Paesi industrializzati. Stesso discorso alle medie: da noi accolgono 21 studenti per classe, rispetto ai 23 della media. Se ne deduce che se molte scuole tricolori stanno faticando a riportare tutti in classe per la mancanza di spazi adeguati è soprattutto per la vetustà del nostro patrimonio edilizio. Abbiamo scuole piccole, vecchie e troppo spesso insicure.
Non è una scuola per giovani
Passando alla parte core di Education at a glance 2020 il quadro che emerge della scuola italiana è uguale a quello degli anni scorsi. Complice una carriera inesistente, i nostri insegnanti continuano a guadagnare meno degli altri. Sia all’inizio che alla fine della loro avventura in classe. E sono ancora troppo anziani. Basti pensare che gli under 30 in cattedra sono solo l’1% contro il 10 dell’Ocse. Quando si dice che non è una scuola per giovani.
Spendiamo poco (e soprattutto male)
Dulcis in fundo arriviamo alle risorse. I dati non sono recenti e quindi non intercettano l’inversione di rotta dell’ultimo anno negli investimenti per l’istruzione (i 2,9 miliardi in più citati spesso dalla ministra Lucia Azzolina). Nel 2017 il nostro Paese ha speso il 3.9% del Pil, dall’asilo all’università, cioè l’1,1% in meno rispetto alla media dell’Ocse.
Se poi scendiamo più in profondità scopriamo che la spesa italiana per studente dalla primaria alle superiori (10.036 dollari all’anno) è in linea con gli altri Paesi industrializzati. Anzi di 99 dollari più elevata.Mentre il vero baratro riguarda l’università. Il costo di 12.226 dollari per studente risulta infatti di oltre 4mila dollari inferiori alla media Ocse. Numeri, questi sì, che parlano da soli.
Fonte: Il sole 24 ore del 09/09/2020